L’Ordine dei Giornalisti Sicilia ricorda Pippo Fava. Il giornalista veniva ucciso quarant’anni fa, una delle voci più scomode dell’informazione siciliana.
Fava, 59 anni, collaboratore di numerose testate nazionali come i settimanali Tempo e Domenica del Corriere, fu assassinato la sera del 5 gennaio 1984, vicino al Teatro Stabile di Catania. Aveva appena lasciato la redazione della rivista I Siciliani, che aveva fondato e diretto.

Con le sue inchieste, Fava riuscì a svelare oscuri intrecci politico-mafiosi, denunciando con coraggio il malaffare, e pagando con la vita il suo impegno al servizio dell’opinione pubblica. Per il delitto sono stati condannati in via definitiva all’ergastolo il capomafia catanese Benedetto Santapaola e l’esponente dello stesso clan Aldo Ercolano.
Non solo giornalista di forte impegno civile, Fava era anche scrittore, saggista, drammaturgo. Una delle sue opere più note, “La violenza: quinto potere”, era stata portata sullo schermo da Florestano Vancini.
Nel 1976 Luigi Zampa aveva tratto un film dal suo romanzo “Gente di rispetto”. Oggi, dopo la commemorazione davanti alla lapide che ricorda l’assassinio di Pippo Fava, al Centro culture contemporanee Zo, in piazzale Rocco Chinnici, a Catania, si è tenuto un dibattito che ha visto gli interventi di Sebastiano Ardita, Pierangelo Buttafuoco, Claudio Fava, Michele Gambino e Francesco La Licata.
A quest’ultimo, è stato consegnato il Premio Nazionale di Giornalismo “Giuseppe Fava – Niente altro che la verità. Scritture e immagini contro le mafie”.
Pippo Fava ha tracciato una via e lasciato un esempio, anche nel modo di fare giornalismo. “Resta la sua analisi del potere” – secondo Claudio Fava, giornalista, scrittore e figlio del direttore de I Siciliani – con le sue collusioni e intrecci economici e istituzionali e l’impunità”.
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