Il monachesimo femminile ha trovato, nella storia, espressione tangibile attraverso delicate arti manuali quali il ricamo, la ceroplastica e, in alcuni monasteri palermitani, la realizzazione di artistiche composizioni di fiori di smalto. A questo elenco è doveroso aggiungere la pasticceria conventuale che in Sicilia, già nel XVI secolo, con l’arrivo del cacao, raggiunge un posto di riguardo.
Anche l’assetto politico dell’Isola influenzò, indirettamente, la cultura dolciaria conventuale; a differenza di quanto avvenne in altre regioni d’Italia, suddivise tra Comuni e Signorie, la Sicilia fu uno regno unitario sin dagli inizi del XII secolo; cambiarono i regnanti ma non mutò l’ordinamento generale. Questa particolare condizione favorì sia la grande numerosità dei monasteri che la loro patrimonializzazione incoraggiando, al contempo, gli scambi tra l’una e l’altra comunità monastica. Inizia così il voyage gastronomico, storico, letterario e linguistico del volume “Veli di zucchero. Dolci e badie di Sicilia” (Ali&no Editrice, Perugia, 2025, pp 138) della sicilianissima Anna Martano. Siracusana di adozione, messinese per nascita e famiglia, gastronoma e gastrosofa, scrittrice e giornalista, docente e critica enogastronomica, Prefetto per la Sicilia dell’Accademia Italiana Gastronomia e Gastrosofia, l’autrice è riuscita ad infondere una dolce sicilianità.

«Leggendo queste pagine si comprende come i dolci delle monache fossero molto più che “cose buone da mangiare”: erano gesti rituali, doni simbolici, strumenti di relazione tra dentro e fuori le mura dei conventi. Erano anche, e forse soprattutto, un linguaggio silenzioso che ha plasmato l’identità della Sicilia. Cannoli, cassate, frutta martorana, impanatigghie, crispelle di riso: ogni preparazione racchiude un racconto di fede, di antropologia, di poesia», annota Francesca Barberini nella sua deliziosa prefazione al libro.
«La storia del cibo si intreccia spesso con l’aneddotica ma sta anche in questo il fascino della pasticceria conventuale siciliana», scrive Anna Martano. Dopo “Il diamante nel piatto. Storia golosa della Sicilia in 100 ricette e cunti”, finalista al Premio Iolanda 2019 (unico concorso letterario nazionale riservato ai libri gastronomici) e il successivo “La tavola è festa. Cibo, riti e ricette di Sicilia”, l’autrice regala alla Sicilia (e non solo), regione gastronomica d’Europa 2025, un’ulteriore ricerca. Lo fa con perizia, con quella delicatezza e tocco femminile che la contraddistingue: dalla “Cassata a freddo” (specialità delle conventuali di Valverde a Palermo) alla “Frutta Martorana” (Monastero della Martorana Palermo) passando per la “dolcezza in versi” attraverso la poesia dell’abate Giovanni Meli (giusto per citare alcune tematiche), le specialità dolciarie delle monache dell’Abbazia di San Benedetto (a Francofonte) e quelle del Monastero del SS. Salvatore di Noto; non dimenticando che “lungo la costa che si affaccia sul Canale di Sicilia, sulla strada statale 115 che collega Siracusa a Trapani, si viaggia tra dolcezza e bellezza”.
Sì, perché Anna Martano si può considerare, come ama definirla la prefatrice, una “cuntastorie di cibo” che, nel corso delle sue ricerche, non si limita a raccogliere fonti e bibliografia ma inizia “a scavare in un giacimento prezioso”, quello della memoria con uno stile narrativo intenso e trascinante, con cui porta alla luce la ricchezza di un patrimonio enogastronomico che appartiene alla Sicilia ma parla al mondo intero. (Giuseppe Nativo)
(foto. A. Martano)
© Riproduzione riservata

