Riceviamo e pubblichiamo. Riflessioni sulla Giornata contro la violenza sulle donne

Si avvicina la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne e veniamo tristemente messi di fronte a numeri e statistiche di molestie, violenze e morti a cui sembriamo ormai completamente anestetizzati e spesso oltre a sentire commenti un po’ superficiali, sentiamo una domanda ricorrente: “Perché se una donna subisce violenza non si allontana dall’uomo che gliela procura?”. Come se fosse un gesto realizzabile in piena libertà. Voglio fare delle riflessioni che sono sicuramente parziali e non abbracciano la totalità delle situazioni che impediscono alle donne di esercitare questa libertà che spesso non è oggettiva, ma condizionata da una vulnerabilità lavorativa ed economica.

Quindi, i numeri di cui voglio parlare sono quelli che alimentano la dipendenza delle donne dai loro carnefici, partendo dalla recente presentazione del rendiconto sociale INPS del 2024 che restituisce un quadro di evidente vulnerabilità dello stato sociale delle donne nella nostra provincia con un tasso di occupazione femminile che raggiunge solo il 35,6 %.

 In un contesto narrativo di aumento dell’occupazione che cela in realtà la diminuzione dei contratti a tempo indeterminato a favore di quelli a tempo determinato, stagionale, in somministrazione e intermittenti, lo spaccato del lavoro femminile mostra in maniera forte come per le donne nel 2024 i nuovi contratti, di tutte le tipologie, siano non solo inferiori rispetto a quelli del 2023, ma anche a quelli degli uomini.

Gli unici indici in crescita per le donne sono le cessazioni dei rapporti di lavoro in tutte le tipologie di contratti, la crescita del tasso di inattività e la crescita di nuovi contratti part-time rispetto all’anno precedente e rispetto agli uomini.

Tutto questo conferma una fragilità immensa e ulteriore del lavoro femminile in termini di accesso al lavoro, in termini di qualità di lavoro, ma anche per i livelli retributivi nettamente inferiori ai colleghi maschi sia nel settore privato che in quello pubblico. In particolare, nel settore privato la retribuzione media giornaliera per le donne è di 58,6 euro, mentre quella degli uomini è di 96,2 euro con una differenza di 34,6.

La situazione nel settore pubblico non migliora affatto, pur essendo il datore di lavoro lo Stato, la retribuzione media giornaliera per le donne è di 108,4 euro, mentre quella delle uomini è di 144,3 euro, con una differenza di 35,9 euro.

Questi non sono semplici dati, è la realistica rappresentazione del fatto che nascere donna o nascere al sud, Siracusa compresa, significa avere meno opportunità di carriera, salari più bassi, carriere discontinue, contribuzioni più basse e pensioni più povere. Tutto questo si traduce in: mancanza di autonomia economica, dipendenza economica, mancanza di libertà, quella libertà che può salvare la vita delle donne. Questa è una possibile, e ripeto non esaustiva, risposta alla domanda “Perché se una donna subisce violenza non si allontana dall’uomo che gliela procura?”. (Ninetta Siragusa, segretaria Uil Siracusa).

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